Il bias del proiettore è una trappola cognitiva in cui cadiamo tutti. Riguarda qualunque aspetto della nostra esistenza e tutti gli ambiti in cui ci muoviamo. Il nostro cervello infatti non è un sistema perfetto e si trova ad operare in un mondo complesso, pieno di decisioni, opinioni e interpretazioni.
In questo breve approfondimento vi spiego come funziona il bias del proiettore, con esempi pratici nella vita quotidiana e nel marketing. Prima però vi presento brevemente i bias cognitivi, la categoria più ampia in cui si inserisce il bias del proiettore.
Cosa sono i bias cognitivi
I bias cognitivi sono errori di pensiero e ragionamento che influenzano il nostro giudizio e le decisioni che ne conseguono. Vanno a modificare il modo in cui percepiamo la realtà, molte volte senza che ce ne rendiamo conto. Si tratta di scorciatoie mentali che il cervello utilizza per semplificare la complessità delle informazioni. E sebbene queste scorciatoie possano essere utili in molte situazioni, portano a valutazioni distorte, illogiche o irrazionali.
Ad esempio, il bias della disponibilità fa leva sulla memoria e sull’emotività, distorcendo il giudizio razionale basato sui dati reali. Questo ci porta a ricordare con più vividezza un evento traumatico rispetto ad un evento neutro.
Dopo aver visto una notizia al telegiornale di una persona morsa da un cane, una persona potrebbe aver paura di avvicinarsi ai cani, credendo che le loro aggressioni siano frequenti. Dall’altro lato potrebbe sottovalutare il pericolo di guidare con la pioggia superando di molto i limiti di velocità, solo perché recentemente non ha letto o sentito di notizie riguardanti gli incidenti stradali con la pioggia. In realtà, la probabilità di fare un incidente con la pioggia è più alta, specialmente se si considerano i milioni di veicoli in circolazione ogni giorno. Mentre la probabilità che un cane aggressivo esca per errore dal su recinto e morda qualcuno è molto più bassa.
Chi ha teorizzato i bias cognitivi
Il concetto di bias cognitivi è stato introdotto negli anni ’70 dagli psicologi Daniel Kahneman e Amos Tversky, considerati i pionieri di questo campo. Il loro lavoro ha dimostrato che il cervello umano non è sempre razionale e che spesso prende decisioni influenzate da pregiudizi e percezioni distorte.
Kahneman, in particolare, ha vinto il Premio Nobel per l’Economia nel 2002, grazie alla sua applicazione della psicologia alle scienze economiche. Il loro lavoro ha dato vita ad un’intera disciplina, la psicologia cognitiva, che studia come le persone percepiscono, pensano e decidono.
Quanti bias cognitivi ci sono
Non esiste un numero preciso di bias cognitivi, ma gli studiosi ne hanno identificati quasi 200. Ve ne elenco alcuni più diffusi.
- Bias di attenzione: ci portano a concentrare selettivamente l’attenzione su alcuni stimoli o informazioni, ignorandone altri, spesso in base ad emozioni, esperienze pregresse o aspettative. Potrebbero contribuire al pessimismo, poiché una persona con questa distorsione tende a focalizzarsi maggiormente su stimoli negativi o minacciosi, ignorando informazioni positive o neutre.
- Bias di memoria: distorcono il modo in cui ricordiamo eventi, persone o esperienze. Non memorizziamo informazioni in modo neutrale; i nostri ricordi possono essere influenzati da emozioni, convinzioni, contesto culturale o dall’interpretazione che diamo agli accadimenti. Tra i bias di memoria è incluso il bias di negatività, che fa sì che gli eventi spiacevoli restino impressi più vividamente rispetto a quelli positivi.
- Bias di conferma: è la tendenza a cercare, interpretare e ricordare informazioni che confermano le proprie convinzioni, ignorando quelle contrari. Una persona con una certa opinione politica legge solo notizie che supportano il proprio punto di vista, andando a rinforzarlo.
- Bias decisionali: alterano il modo in cui prendiamo decisioni, spesso portandoci a scelte irrazionali o subottimali. Fanno leva su pregiudizi, emozioni o scorciatoie mentali piuttosto che su un’analisi razionale delle informazioni disponibili. Tra i bias decisionali troviamo l’effetto status quo, che ci fa preferire l’opzione corrente per paura del cambiamento, e l’overconfidence bias, che ci porta a sovrastimare le nostre capacità o conoscenze.
- Bias del punto cieco: ci induce a riconoscere facilmente i bias negli altri ma a sottovalutare o negare la loro influenza su noi stessi. In sostanza, crediamo di essere più razionali e obiettivi rispetto agli altri, ignorando che anche noi siamo soggetti agli stessi meccanismi cognitivi. Questo bias può renderci meno disposti a correggere i nostri errori o ad accettare punti di vista diversi, poiché riteniamo che le nostre decisioni siano guidate da logica e non da pregiudizi inconsci.
- Effetto ancoraggio: Tendenza a fare affidamento eccessivo sulla prima informazione ricevuta (l’ancora) quando si prendono decisioni. Se il prezzo iniziale di un prodotto è di 100 euro, un prezzo scontato a 70 euro potrebbe sembrare un grande affare, anche se il prodotto vale meno. Una variante è l’effetto alone: valutiamo positivamente o negativamente una persona, un prodotto o un’azienda basandoci su un’unica caratteristica percepita senza indagarne altre (esiste da molti anni, fa pubblicità in tv, dichiara di essere green, ecc).
Prendiamo i colloqui di lavoro: qui il selezionatore si fa contagiare subito da un’unica informazione. Il candidato ha lavorato in un’azienda importante? Il candidato ha 10 anni di esperienza consecutivi? Il candidato ha un’ottima referenza? Il selezionatore avrà una buona impressione solo basandosi su questa informazione e andrà a tralasciare tutte le altre informazioni. E magari il candidato non ha tutte le competenze che dice di avere. - Bias della scelta omessa: ci porta a giudicare più severamente le conseguenze negative derivanti da un’azione piuttosto che da una non azione. In sostanza tendiamo a considerare meno responsabili le persone (o noi stessi) per le decisioni che implicano l’omissione rispetto a quelle che comportano un’azione concreta, anche se gli esiti sono simili o peggiori. Questo bias è spesso legato alla paura del cambiamento o del rimpianto, poiché l’omissione viene percepita come meno rischiosa o più giustificabile.
Cosa è il bias del proiettore
Tra i molti bias cognitivi, il bias del proiettore (o bias di proiezione) merita particolare attenzione. Questo bias si verifica quando una persona proietta i propri sentimenti, credenze o esperienze sugli altri, assumendo che essi condividano le stesse opinioni o emozioni.
Il bias del proiettore si basa sull’errata convinzione che gli altri vedano il mondo esattamente come noi. Questo può portare ad interpretazioni distorte della realtà e a malintesi nelle relazioni interpersonali.
Esempi di bias del proiettore nella vita quotidiana
Il bias del proiettore è estremamente comune nella vita di tutti i giorni. Vi faccio alcuni esempi. Un genitore che amava la matematica da bambino potrebbe aspettarsi che anche i suoi figli provino lo stesso entusiasmo per la materia. Senza considerare le loro inclinazioni personali, potrebbe obbligarli ad intraprendere percorsi di studio in cui non riescono a destreggiarsi, ottenendo scarsi risultati e abbandonando poi la scuola.
Sul posto di lavoro un responsabile che non è mai fisicamente presente, potrebbe non percepire le problematiche che hanno i dipendenti di un front-office nel gestire il pubblico: crede di aver fornito loro tutta la strumentazione necessaria e non comprende gli ostacoli nella gestione del lavoro. Passare delle giornate in presenza potrebbe aiutarlo ad individuare punti deboli del sistema di accettazione degli utenti (programma gestionale lento, momenti della giornata in cui il flusso di utenti è più intenso, mancata divisione dei compiti tra i dipendenti, ecc.).
Il bias del proiettore nel marketing
Il bias del proiettore gioca un ruolo cruciale nel marketing, influenzando sia i consumatori che i professionisti del settore.
I consumatori spesso proiettano le loro preferenze personali sugli altri. Un cliente potrebbe pensare che un prodotto piaccia a tutti solo perché piace a lui. Questo lo induce a condivisioni sui social media o passaparola, che a loro volta influenzano le decisioni di acquisto di altri.
Anche i marketer devono stare attenti a non cadere nel bias del proiettore durante la creazione delle campagne. Tendono infatti a proiettare i propri gusti o interessi sul pubblico target, dimenticando che il loro pubblico potrebbe avere preferenze completamente diverse.
Uno degli errori più frequenti è enfatizzare le caratteristiche prettamente tecniche di un prodotto, solo perché derivano da studi e ricerche costose con professionisti di tecnologia. Invece i consumatori potrebbero apprezzare di più altre caratteristiche del prodotto meno tecniche: colore, dimensione, comodità nell’utilizzo, poco rumore, facilità nel trovare i pezzi di ricambio, profumo, ecc.
Come evitare il bias del proiettore nel marketing
Conoscere il bias del proiettore è il primo passo per superarlo, sia nella vita quotidiana che nel mondo del business. Nel marketing per evitare il bias del proiettore bisogna comprendere profondamente il proprio pubblico e progettare strategie che risuonino realmente con i consumatori, cercando di astrarsi completamente dai propri gusti e interessi. Alcuni metodi utili possono essere i seguenti:
- Ricerche di mercato Le ricerche di mercato approfondite, i sondaggi, le interviste e i focus group sono strumenti fondamentali per comprendere il pubblico target in modo accurato, evitando supposizioni errate. I sondaggi raccolgono dati quantitativi su un ampio campione, offrendo una visione generale di comportamenti, opinioni e bisogni. Le interviste individuali consentono di approfondire esperienze personali e motivazioni, rivelando aspetti che potrebbero sfuggire in un’analisi superficiale. Infine i focus group favoriscono il confronto tra partecipanti, stimolando discussioni che evidenziano punti di vista diversi e dinamiche di gruppo. Questi approcci aiutano a raccogliere informazioni basate su dati reali, riducendo il rischio di prendere decisioni basate su percezioni soggettive o preconcetti.
- Segmentazione del pubblico Creare profili dettagliati dei consumatori e segmentarli in base a bisogni, interessi, caratteristiche demografiche e comportamenti può ridurre il rischio di proiezione. Questo approccio riconosce che il pubblico non è omogeneo e che le persone hanno bisogni, preferenze e motivazioni diverse, riducendo il rischio di proiettare le proprie esperienze o opinioni personali su un gruppo più ampio.
- Test A/B Sono uno strumento efficace per evitare il bias del proiettore, perché si basano su dati oggettivi derivati dal comportamento reale degli utenti, anziché su supposizioni o preferenze personali. Due o più varianti di un elemento, come un titolo, un’immagine o un layout, vengono mostrate a segmenti casuali del pubblico. Ciò permette di vedere quale opzione genera risultati migliori senza fare supposizioni. Le decisioni si basano sulle azioni effettive degli utenti, come tassi di clic, conversioni o interazioni, anziché su ciò che si pensa possa funzionare. Poiché i test sono condotti in un ambiente controllato e i gruppi sono selezionati casualmente, i risultati non sono influenzati da preferenze personali o da interpretazioni soggettive.
- Ascolto attivo sui social media L’ascolto attivo sui social media è uno strumento prezioso per evitare il bias del proiettore, perché consente di raccogliere dati autentici e diversificati direttamente dalle conversazioni online del pubblico, invece di basarsi su ipotesi personali o pregiudizi. I social media aggregano opinioni da persone con background, culture e punti di vista diversi, ampliando la visione e riducendo il rischio di generalizzazioni errate.
Piccolo aneddoto sul bias del proiettore. Alle elementari una maestra, durante la correzione di un tema, fece un’osservazione ad un mio compagno.
“Non puoi scrivere che il momento più bello della tua vita è stata la vacanza in Toscana della scorsa estate. Perché il momento più bello della vita è sempre quello in cui siamo nati.”
La risposta del mio compagno fu: “Ma io quello non me lo ricordo!”
Qui la maestra ha proiettato le sue idee e impressioni, tra l’altro distorte, sull’alunno. Probabilmente aveva in mente la nascita di suo figlio e di sicuro nemmeno lei ricordava il momento in cui era nata. Quindi non poteva affermare che il momento più bello della sua vita era stata la sua nascita, perché è un ricordo che nessun essere umano ha.
Ciò è esattamente quello che non bisogna mai fare, ovvero cadere nel bias del proiettore!